La Fiat 127 di Saverio, il padre di Federico
Durante la scrittura de Il cuore della montagna, quando mi sono trovato a dover immaginare un’auto per il padre del mio protagonista principale, la scelta è stata facile: Fiat 127, una delle vetture più vendute del decennio.
Non l’ho scelta a causa del suo successo commerciale, che pure la rende plausibile, ma piuttosto perché era la macchina giusta per il personaggio: compatibile con i redditi di un professore universitario separatosi di recente, adatta a una persona poco incline a mettersi in mostra e poco interessata agli aspetti materiali della vita.
Infatti, fu progettata per essere semplice e spartana, cosa che permise di contenerne il prezzo e decretarne il successo. Non era priva di importanti innovazioni, però: è stata la prima vettura Fiat equipaggiata con motore anteriore trasversale (anziché posteriore) e trazione pure anteriore (prima era posteriore), un grande salto rispetto alla 850 che sostituiva. Freni anteriori a disco, sospensioni indipendenti, ottima tenuta di strada, prestazioni brillanti per la categoria (oltre 140 km/h di velocità massima) e consumi contenuti. Nel blog di Luigi Mandracchia c’è una bella recensione di quel modello, proprio nel colore verde palude scelto dal padre di Federico, che fu a catalogo solo nella prima serie. È a lui che devo la foto che vedete qui a fianco.
La UAZ-469B di Ramosi
La UAZ-469B è una 4×4 che nasce come versione civile del veicolo militare 469 destinato all’Armata Rossa. A partire dal 1972 fu commercializzata in tutti i paesi del cosiddetto “blocco sovietico” e – unico paese occidentale – anche in Italia.
Nasceva equipaggiata con un motore 2.4 a benzina da 72 CV, ma in Italia era possibile acquistarla anche con il più prestante Fiat 2.0 bialbero da 112 CV.
Al contrario della 127, che ho guidato in molte occasioni (ne aveva una anche mia moglie!), su una UAZ non sono mai salito. Chi l’ha provata racconta che fosse molto robusta e performante nell’uso fuoristrada, ma poco governabile e decisamente non confortevole sull’asfalto. Il suo aspetto, inequivocabilmente militare, è perfetto per un gruppo di scienziati implicati in attività che i protagonisti del romanzo giudicano sospette.
La Fiat Campagnola della Polizia di Stato
Siamo abituati a pensare alle auto della polizia nella classica livrea azzurra, con fasce bianche ai lati e la scritta squadrata “Polizia” bicolore.
Come racconta il sito della Polizia di Stato, però, fino al 1960 la campagnola era di colore rosso amaranto, poi sostituito dal caratteristico colore grigio verde, che rimase in uso fino al 1976. Quindi nel 1975, anno in cui svolge il romanzo, la Fiat Campagnola dell’ispettore è come quella dell’immagine a fianco.
Entrata in produzione nel 1951, nella sua lunga vita (fino al 1987!) la Fiat Campagnola ebbe diverse versioni. Nel 1961 vide la luce un modello realizzato appositamente per la Polizia di Stato – denominato AR55PS – un ibrido tra una Campagnola civile e una AR59 militare. Montava gomme speciali a spalla rigida e cerchioni che permettevano di poter viaggiare anche con le gomme forate.
Protagonista nei difficili anni delle intense contestazioni politiche e del terrorismo, fu presente anche durante numerose operazioni di soccorso: alluvione di Firenze, catastrofe della diga del Vajont, terremoto in Irpinia.
Il Pinzgauer della famiglia di Elisabeth
Ne Il cuore della montagna, vediamo i giovani protagonisti a bordo di un Pinzgauer, sottratto clandestinamente dalla rimessa della famiglia di Elisabeth.
Prodotto dalla austriaca Steyr-Daimler-Puch, è un veicolo che probabilmente pochissimi lettori hanno riconosciuto. Nato anch’esso come veicolo militare, agli inizi degli anni ’70, secondo Wikipedia il Pinzgauer “è uno dei più performanti veicoli all-terrain mai costruito” e ha trovato parecchi impieghi anche in ambito civile.
Onestamente, incontrarne uno sulle Alpi non era un evento frequente; era più facile imbattersi nel modello precedente e più piccolo – Haflinger – anch’esso nato a scopi militari e adottato in molti contesti civili, che ci viene descritto all’inizio del romanzo quando il padre di Federico parcheggia “a fianco di uno strano mezzo agricolo, che sembrava l’incrocio tra un camioncino e un fuoristrada”. Il Pinzgauer, però, con le sue maggiori dimensioni e il suo aspetto marziale, era più adatto per suscitare un po’ di timore reverenziale nei protagonisti del romanzo. E, perché no, per non essere da meno rispetto ai mezzi dei loro avversari!