I nati dagli Anni Novanta in poi sanno che, prima che loro nascessero, non esistevano i telefoni cellulari, ma faticano a immaginare come potesse essere la nostra vita senza questo cordone ombelicale digitale.
Vita che non era né migliore né peggiore, direi, ma profondamente diversa.
Nei miei romanzi, questa difficoltà nelle comunicazioni diventa una ulteriore sfida, per i protagonisti, che devono trovare il modo tenere i collegamenti tra due o più squadre che operano congiuntamente in luoghi diversi. Come sa chi li ha letti, le loro soluzioni sono piuttosto creative!
Gli apparecchi domestici
L’apparecchio presente nella maggior parte delle case era quello grigio della prima immagine, con il disco combinatore che andava ruotato per comporre il numero. Quando trovavi occupato e dovevi richiamare, non c’erano scorciatoie: bisognava ripetere la procedura.
C’erano, però, anche modelli più sofisticati. Ne Il ragazzo di pietra Valentina ha in camera un telefono Grillo, considerato uno degli oggetti più innovativi del decennio e simbolo del design di quegli anni, è diventato oggetto cult ed è stato esposto al MoMa di New York.
Il telefono con i pulsanti, che all’epoca vedevamo nei film americani, arrivò nelle aziende italiane verso la fine degli Anni Settanta, ma è solo negli Ottanta che raggiunse anche le famiglie. Assieme alla praticità nella composizione del numero, portava anche un tasto che permetteva la ripetizione dell’ultimo numero chiamato, innovazione che all’epoca ci sembrò straordinaria.
Apparecchi pubblici
Quando eravamo fuori di casa, o in viaggio, bisognava ricorrere ai telefoni pubblici, che normalmente si trovavano in apposite cabine (famosissime quelle rosse di Londra), oppure all’interno di un bar o di altri esercizi commerciali.
Se chi occupava la cabina stava al telefono a lungo, si formavano code di persone spazientite.
All’estero i telefoni pubblici funzionavano a moneta, ma in Italia occorreva il gettone telefonico, un oggetto scomparso con l’arrivo anche in Italia dei telefoni pubblici a monete prima e poi a scheda magnetica.
Costi e abitudini derivanti
Il costo della telefonata variava con la distanza e si usavano termini che sono scomparsi dal lessico: “urbana” era una telefonata nella stessa città, “interurbana” in altre città italiane, “internazionale” se all’estero e addirittura “intercontinentale” se chiamavi oltreoceano.
A causa di questi costi di chiamata elevati, a cui si aggiungeva un canone fisso mensile, non tutte le famiglie avevano una linea propria. Esisteva il duplex, un contratto che permetteva di condividere la linea con un vicino di casa, riducendo i costi (ma impedendo l’utilizzo quando l’altra famiglia aveva occupato la linea).
Sempre a causa del costo, quando eravamo via da casa i genitori non si aspettavano di sentire nostre notizie tutti i giorni. Per i telefoni pubblici servivano i gettoni – tanti, se eravamo lontani – e se ci ospitava un amico non era educato approfittare a lungo del telefono di casa, incidendo pesantemente sulla bolletta di quella famiglia.
Nei nostri primi viaggi in autonomia, spesso si telefonava una volta sola: “Mamma, siamo arrivati, tutto bene”.
Un mese all’estero per imparare l’inglese, una sola telefonata. Gita del CAI, campeggio con la parrocchia o con gli scout: nemmeno quella, tanto i genitori sapevano con chi eravamo e dove. Eravamo più liberi? Forse. Sicuramente meno controllati degli adolescenti attuali.